Gravidanza: i consigli della nostra ostetrica
Consigli utili ed esercizi pratici da fare in casa






Articolo tratto dal sito https://www.sorgente.com/
Molte persone hanno contattato la guida dei genitori della Cord Blood Foundation (https://parentsguidecordblood.org/en ) per porre alcune domande sulla nuova infezione da coronavirus COVID-19.
Abbiamo raccolto un riassunto delle domande più frequenti che possono essere utili sia ai genitori che ai professionisti del settore.
La società professionale degli ostetrici degli Stati Uniti, ACOG, afferma che, secondo tutti i dati disponibili in questo momento, le donne in gravidanza non presentano un maggior rischio di essere contagiate da coronavirus. Dobbiamo però sottolineare un altro aspetto importante, ovvero che quando le donne incinte contraggono infezioni respiratorie, è presente un rischio maggiore di manifestazione di sintomi gravi. Quindi, le donne in gravidanza “dovrebbero essere considerate una popolazione a rischio per il COVID-19”.
Se sei incinta durante la pandemia di coronavirus, dovresti seguire delle rigide precauzioni per evitare l’esposizione al COVID-19. Se sospetti di avere il coronavirus, informa immediatamente il tuo medico. È importante sempre sottolineare che il nuovo coronavirus COVID-19 non è un virus influenzale. Tuttavia, i sintomi da infezione di COVID-19 sono simili all’influenza, così come anche il modo in cui si diffonde il contagio, quindi, in questo studio, ci basiamo soprattutto su ricerche precedenti sulla gravidanza e sui virus dell’influenza.
Durante la gravidanza, infatti, si verificano cambiamenti importanti nel sistema immunitario per impedire al corpo della madre di riconoscere il suo bambino come estraneo e attaccarlo. Ma questi cambiamenti significano anche che le donne incinte presentano una minore immunità alle malattie. Le gestanti hanno infatti un aumento dei carichi di lavoro sul loro cuore e sui polmoni. Una donna gravida, in buona salute, ha un rischio maggiore di essere ricoverata in ospedale con l’influenza; durante il primo, secondo e terzo trimestre di gravidanza il rischio di ricovero aumenta di 1,7; 2,1 e 5,1 volte. Quando la donna incinta riscontra patologie preesistenti, come il diabete o l’asma, i fattori di rischio aumentano di 2,9; 3,4 e 7,9 per i rispettivi tre trimestri.
Se una donna incinta si ammala gravemente d’influenza, aumenta il rischio di aborto spontaneo o parto prematuro. Un piccolo studio condotto in Cina su 10 nascite, ha scoperto che la polmonite materna causata da COVID-19 al momento della nascita era associata a sofferenza fetale e parto prematuro. Quindi, ancora una volta, se sei incinta e sospetti di avere contratto il COVID-19, dovresti comunicarlo immediatamente al tuo medico.
Quando il bambino si trova ancora nell’utero, la placenta lavora per proteggerlo dalle malattie. La placenta è un organo straordinario che consente agli anticorpi di passare dalla madre al bambino e il più delle volte blocca proprio le malattie che possono essere direttamente trasmesse al feto.
Nel caso dell’influenza ordinaria, nota anche semplicemente come “influenza”, un grande studio ospedaliero non ha trovato prove per la trasmissione trans-placentare dell’infezione da madre a figlio. Nel caso del COVID-19, gli studi iniziali condotti in Cina suggerivano che il coronavirus può essere talvolta trasmesso da madre a bambino, ma ci vorranno più studi su gruppi di pazienti più grandi per confermarlo. Lo studio più spesso citato da Wuhan in Cina ha esaminato 33 bambini nati da madri malate di coronavirus. A tre di questi bambini appena nati è stata diagnosticata un’infezione da COVID-19, anche se nati con taglio cesareo. Nonostante soffrissero di febbre e polmonite poco dopo la nascita, tutti e tre i bambini si sono ripresi e sono risultati negativi al COVID-19 entro una settimana dal parto.
Dopo il parto, una madre a cui è stato diagnosticato il COVID-19 può trasmettere il suo virus al bambino attraverso uno stretto contatto. In questa situazione è raccomandabile che la madre tiri il suo latte (con un tiralatte) e che ci sia un “caregiver” o un familiare che aiuti la mamma nella gestione del bambino fino a quando non sia completamente guarita.
Per quanto ne sappiamo, il sangue del cordone ombelicale non contiene tracce di COVID-19, anche se la madre è malata al momento del parto. È importante chiarire che esiste una differenza tra gli studi che cercano la trasmissione della malattia da COVID-19 tra madre e bambino, rispetto agli studi che rivelano i segni di COVID-19 nel sangue cordonale: questi sono due argomenti separati. Quando una persona si ammala di un virus respiratorio, è molto raro che il virus possa essere tracciato nel sangue.
Il sangue del paziente infatti mostrerà anticorpi contro il virus, ma non il virus stesso.
Quindi, è estremamente improbabile che il COVID-19 appaia nel sangue cordonale. Uno studio del 2006 condotto dalla Croce Rossa americana fu quasi premonitore nel descrivere l’attuale pandemia di COVID-19. Il documento prevedeva che proprio durante una pandemia d’influenza, il sangue donato sarebbe stato “sicuro”, ma che ci sarebbe stato un altro problema: la carenza di donazioni a causa delle interruzioni delle operazioni dei centri prelievo. Questo è esattamente ciò che sta accadendo adesso e, in risposta a questo problema, la FDA (l’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, dipendente dal Dipartimento della salute e dei servizi umani degli Stati Uniti) ha allentato le restrizioni ai donatori di sangue.
Ulteriori rassicurazioni sul fatto che il COVID-9 non appaia nel sangue del cordone ombelicale o nei tessuti interessati al parto, proviene da uno studio condotto su 15 nati a Wuhan, in Cina. Le madri soffrivano tutte di polmonite da COVID-19 e i loro bambini erano stati partoriti con taglio cesareo. Mentre i bambini si trovavano ancora nella sala operatoria sterile e prima ancora di entrare in contatto con le loro madri, venivano raccolti i campioni del loro liquido amniotico, del sangue cordonale e dei tamponi della gola neonatale. Successivamente è stato raccolto anche il latte materno delle madri. Tutti questi campioni biologici sono risultati negativi al COVID-19, utilizzando sia il test CDC che il test RT-PCR interno dell’ospedale. Quindi, se una mamma ha contratto l’infezione da COVID-19 durante la gravidanza o anche durante la nascita, non deve preoccuparsi che il virus sia presente nel sangue del cordone ombelicale o nei tessuti della placenta e del cordone ombelicale.
Ancora una volta, la placenta è sorprendente: protegge il feto dalle malattie e consente agli anticorpi della madre di penetrare nel sangue del bambino. Il neonato eredita il sistema immunitario della madre e presenta la stessa resistenza della mamma alla maggior parte delle malattie, fino all’età di 6 mesi circa. Se la madre si rivela immune verso COVID-il 19, molto probabilmente lo sarà anche il neonato. Qualsiasi donna che ha contratto il coronavirus ed è guarita, possiede degli anticorpi protettivi contro la malattia. Un piccolo studio a Wuhan, in Cina, ha confermato che, quando sei madri malate di polmonite da COVID-19 hanno partorito, tutti i loro bambini avevano anticorpi contro il COVID-19 nel sangue.
Se la mamma facesse il vaccino contro il COVID-19, sarebbe protetto anche il suo neonato. Gli studi hanno dimostrato che i vaccini influenzali stagionali somministrati a donne incinte hanno notevolmente ridotto le infezioni da influenza neonatale. Inoltre è stato anche dimostrato che il vaccino risulti efficace se è somministrato almeno due settimane prima della nascita.
Sì, le banche della conservazione privata del sangue del cordone ombelicale hanno modificato le loro forme di anamnesi sulla salute materna per verificare anche una possibile esposizione a COVID-19, anche se non si prevede che il virus compaia nel sangue del cordone ombelicale o nei tessuti interessati al parto. La filosofia che si sta seguendo è quella di raccogliere le informazioni adesso nel caso in cui diventino importanti un domani.
Ironia della sorte, durante questa pandemia da COVID-19, non c’è stata alcuna modifica nelle operazioni di laboratorio delle biobanche di crioconservazione perché il processo era già rigorosamente controllato. Una volta che il sangue cordonale o il tessuto arriva in laboratorio per essere processato, i campioni vengono gestiti con protezioni standard contro i patogeni trasmessi dal sangue e questi includono un equipaggiamento protettivo per il personale e la presenza di una cappa dove processare i campioni biologici, efficace nel mantenere il campo sterile. Pertanto, non è necessario prendere ulteriori precauzioni. Inoltre, quando un kit di raccolta arriva in laboratorio, viene posizionato in una zona di ricezione “speciale”, lontano dalle aree di lavoro regolari per scongiurare il rischio che l’esterno del kit possa essere contaminato dal coronavirus. Il personale designato apre con cura i kit e trasferisce il campione direttamente in laboratorio.
Una delle preoccupazioni che le biobanche stanno affrontando in questo momento è la possibilità che il loro personale possa contrarre, nella loro vita quotidiana (famiglia, luoghi che frequentano), un’infezione da COVID-19. Per evitare ciò, i tecnici di laboratorio sono stati assegnati a diversi team con nessun contatto tra di loro in modo che se un’intera squadra dovesse essere messa in quarantena, le altre squadre potrebbero continuare a lavorare senza rischi di contagio. Le aree comuni sul posto di lavoro, come gli spogliatoi o gli spazi adibiti alle pause, vengono sanificate ripetutamente con un disinfettante medico. I membri del team inoltre lavorano in remoto (smart working) o rimangono socialmente distanti.
In questo periodo i genitori sono diventati più consapevoli su quali sono le possibilità biologiche per proteggere la salute del proprio bambino e di tutta la famiglia. Proprio durante la pandemia da COVID-19, abbiamo assistito a un picco di domande per la conservazione del sangue cordonale nelle biobanche. Le probabilità di utilizzo a lungo termine del sangue del cordone o dei tessuti non sono state modificate da quello che sta succedendo oggi con la pandemia in corso.
Le motivazioni di base per la conservazione del sangue del cordone sono sempre quelle di poter essere d’aiuto e supporto ai pazienti bisognosi di donatori e di essere una forma di assicurazione sanitaria per un patrimonio biologico importante e utile a tutto il nucleo familiare.
Fonte:
https://parentsguidecordblood.org/en/news/coronavirus-during-pregnancy-and-cord-blood-banking
Il corso di accompagnamento alla nascita è un percorso pensato appositamente per le future mamme a partire dalla 25/26esima settimana di gravidanza.
Si svolge in un incontro settimanale di un’ora e mezza per un totale di 7 incontri.
Ogni incontro comprende una prima parte dedicata alle informazioni, scambi di idee e vissuti sui vari temi che riguardano la gravidanza.
La seconda parte è dedicata al lavoro sul proprio corpo con esercizi specifici per sentirsi sicure, agili e piene di energia per una preparazione adatta a tutte e per aiutare a riscoprire la naturale gamma di movimenti che il nostro corpo ci mette a disposizione.
La cardiotocografia consente di monitorare la frequenza cardiaca fetale e le contrazioni uterine. Indaga il benessere del feto attraverso lo studio del battito cardiaco, rileva l’andamento e la frequenza delle contrazioni uterine e la presenza di movimenti fetali.
La cardiotocografia è una tecnica completamente indolore e priva di rischi, sia per la mamma che per il feto; la durata media è di minimo 20 minuti.
La cardiotocografia generalmente si esegue nell’ultimo trimestre di gravidanza.
Le relazioni tra frequenza cardiaca fetale e contrazioni uterine permettono di trarre importanti informazioni riguardo lo stato di benessere fetale. Si esegue tra la 37esima e la 40esima settimana.
La Dott.ssa Arianna Forti, ostetrica, offre una consulenza ostetrica in allattamento secondo l’OMS (organizzazione mondiale della sanità) a promozione e sostegno dell’allattamento al seno, con osservazione della poppata e consigli pratici per la prevenzione dei disturbi quali ingorgo mammario e mastite.
Gli incontri sono volti a favorire la nutrizione con latte materno in neonato con patologie e di basso peso alla nascita.